Diversi anni fa ho scritto un articolo per la rivista Engramma su un tema che amo da sempre: Le violette nell’arte.
Nel 2019 ho avuto il piacere di curare in collaborazione con l’Associazione ParmaColorViola una mostra dedicata proprio a questo tema, in vista degli eventi di Parma Capitale della Cultura 2020 (e ora anche 2021).
Voglio condividere anche qui il testo introduttivo che ha accompagnato a marzo ed aprile 2019 la visita nella Serra Storica del Giardino Ducale di Parma attraverso le immagini di opere d’arte straordinarie del XIX e XX secolo che immortalano le adorate Viole.
“Ah! La violetta mille volte più amata, fiore dei boschi! E mille volte più sana la stanza che ha profumato! Il suo balsamo non appesantisce l’animo, anzi lo alleggerisce e lo rinnova; ma alla fine per sentirla bene, dobbiamo avvicinarci, baciarla”.
Queste parole del poeta francese Sully Prudhomme celebrano la bellezza di un fiore tanto piccolo e delicato quanto affascinante e prezioso, che nei secoli ha attirato l’attenzione di scrittori, poeti ed artisti.
Nella storia dell’arte i fiori hanno da sempre rivestito un ruolo importante, come protagonisti o comparse di un gran numero di opere; le viole ottengono un’attenzione rilevante da parte del mondo artistico soprattutto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, dall’Impressionismo al Surrealismo, attraverso il Liberty e le prime Avanguardie.
Passeggiando tra le piante di violette, vi proponiamo di soffermarvi ad ammirare piccole riproduzioni di grandi capolavori artistici nei quali mazzetti di questi fiori sono stati immortalati dagli artisti in tutta la loro brillante e misteriosa bellezza.
Tanti i legami e le corrispondenze – alcune assai note – della viola con il mito, con la storia, con la poesia, con il teatro, con il costume e con la moda. Da Afrodite alle due mogli di Napoleone, dalla Traviata alla poetessa britannica Renée Vivien (1877-1909), una cui raccolta poetica postuma si intitola Dans un coin des violettes, le violette si trovano via via a esprimere bellezza, modestia, purezza, debolezza, pallore, eleganza, giovinezza.
Nel corso dell’Ottocento, si afferma anche una nutrita pubblicistica sul tema dei fiori, in particolare in Francia dove la cultura floreale ha un’antica tradizione. Dal Roman de la violette (1227) di Gerbert de Montreuil che ha al centro la fedeltà della fanciulla e la sua rappresentazione simbolica, si passa al corpus di poesia floreale della Guirlande de Julie (1634) che si serve di cliché simbolici quali appunto la violetta a indicare la modestia, per arrivare alla formulazione di un vero e proprio Langage des fleurs, opera di Charlotte De Latour, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1819 da Audot. Il Langage des fleurs passa in rassegna le stagioni, fornendo i nomi dei fiori corrispondenti a ogni mese, seguiti ciascuno da significati e aneddoti. Fiore invernale del periodo gennaio-febbraio, la violetta è associata – come nella Guirlande de Julie – alla modestia.
Nella Parigi del secondo Ottocento, molti artisti scelgono di rappresentare questi fiori. Edouard Manet, per esempio, ritrae l’amica e collega Berthe Morisot con un mazzetto di viole sul petto in un’opera oggi tra le più celebri del Musée d’Orsay. Lo stesso bouquet di viole sarà protagonista di una piccola tela che Manet regalerà alla Morisot a suggello del loro rapporto.
Tra gli impressionisti, anche Pierre-Auguste Renoir e Claude Monet non resistono al fascino delle violette; il primo le appoggia sull’abito chiaro dell’attrice Ellen Andrée in “La fin du déjeuner”, mentre in “Danse à Bougival” le colloca ai piedi della protagonista impegnata in un passo di danza.
Monet dona invece al fiore una maggiore sacralità, affidandolo alle mani dell’amata Camille, la giovane moglie che, poco dopo il ritratto con il bouquet di violette, morirà.
La spiritualità rintracciata in Monet si fa spazio anche nelle opere dei Preraffaelliti: la violetta nelle mani della giovane May Morris ritratta da Dante Gabriele Rossetti sembra indicare la modestia e l’umiltà della fanciulla.
Le viole nei ritratti di Lesbia di Edward John Poynter e di Ofelia di John Everett Millais sono invece simbolo rispettivamente di amore e di fedeltà.
Nel passaggio fra Ottocento e Novecento, negli sfarzi della Belle Époque, le viole assumono il ruolo di accessorio imprescindibile delle nobildonne dell’alta società, emblema dell’eleganza dell’epoca. Giovanni Boldini, il più grande ritrattista del periodo, che definisce le donne “grandi fiori viventi che il desiderio odora e coglie”, in “Le viole del pensiero” dà alle violette l’attenzione solitamente riservata alle sue modelle.
Il bouquet di viole sulla vita de “La marchesa Casati con un levriero” è al contempo perfetta sintesi del fascino della donna e fulcro luminoso della composizione.
Il nostro delicato fiore è nel Novecento al centro di una fusione tra la forza visiva e il gioco verbale: il nome viola-violettainnesca catene di associazioni verbali, visive, tattili e sonore, come in Belle Haleine-Eau de voilette di Marcel Duchamp.
L’opera è realizzata a partire da un flacone delle celebri fragranze della ditta Rigaud, al quale l’artista, con la collaborazione di Man Ray, sostituisce l’etichetta originale col titolo dell’opera stessa. Il nuovo termine voilette è una combinazione tra violette e voile, il fiore e il velo: il profumo non è più una tradizionale eau de toilette e neppure una eau de violette, ma una sintesi e moltiplicazione dei significati dei termini di partenza.
La correlazione con il velo potrebbe farsi strada anche in un’opera di forte impatto: La grande guerre del 1964 di René Magritte. Il mazzo di violette sul volto della figura ritratta sembra essere utilizzato come voilette per velare l’apparenza dell’essere, ancora una volta quindi le viole come velo.
Nell’ultima fase del nostro percorso non troviamo più il classico mazzo di viole ma dei richiami alla dimensione del fiore, alla sua essenza. Così è infatti con Man Ray nel Violon d’Ingres del 1924, in cui la viola è anche uno strumento musicale che nella sua forma richiama il corpo femminile.
Non ci sono violette neanche ne La Promenade di Marc Chagall ma questo dipinto è stato scelto come tappa finale della nostra passeggiata odorosa per il messaggio che trasmette.
Chagall ci dice che l’amore è un sentimento che supera i limiti imposti dalla natura, che vince ogni cosa, e a noi questa forza sembra ricordare la viola, sempre pronta a vincere l’inverno e ad annunciare nuove primavere.
Fiore dai tanti significati, la violetta, i cui semi erano sparsi da Goethe durante i suoi viaggi per diffondere la bellezza nel mondo, ha affascinato intere generazioni di artisti e ciascuno di essi, a suo modo, ha cercato di coglierne il fascino e di svelarne il mistero.